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Essenziale è il mix di soluzioni green di breve e lungo periodo per diffondere fonti energetiche sostenibili
Rimuovere l'anidride carbonica dall'atmosfera su larga scala è complicato, ma inevitabile per contrastare la crisi climatica
Secondo l’ONU la rimozione della CO₂ servirà anche per controbilanciare le emissioni che non potremo fare a meno di produrre
le emissioni prodotte da industria e terziario in Europa
l'energia elettrica assorbita da industria e terziario in Europa
Perché la decarbonizzazione conviene a imprese e industrie?
È un'opportunità per sviluppare soluzioni tecnologiche che garantiscono sostenibilità e competitività
Durante i prossimi anni la grande sfida sarà quella della decarbonizzazione, cioè della sostituzione dei combustibili fossili con fonti di energia sostenibili. Protagonisti di questo cambiamento dovranno essere tutti i settori: produttori di energia, trasporti, residenziale, industria e terziario. In particolare questi ultimi due sono responsabili in Europa di un quarto delle emissioni di gas serra e assorbono circa il 40% dell’energia elettrica che viene prodotta. Secondo il report di European House Ambrosetti sviluppato in collaborazione con Edison Next, Europa e Italia viaggiano su percentuali di produzione di CO₂ e consumo energetico molto simili: l’industria è responsabile del 22% delle emissioni di CO₂ in Europa, mentre in Italia si attesta sul 20%. Inoltre, le nostre fabbriche consumano meno energia finale rispetto a quelle europee: il 22% contro il 26%. Percentuali molto simili sono quelle del terziario: le imprese del settore in Italia emettono il 6% contro il 4% dell'Europa. Tuttavia, se guardiamo il trend al 2030 manifattura e terziario in Italia vedono un aumento delle emissioni rispetto al target da raggiungere.
Stando ai numeri italiani ed europei la strada verso il net zero è ancora lunga, ma grazie all’intervento dell’UE, le aziende stanno iniziando un percorso di tagli delle emissioni, perché inquinare non ha solo un impatto diretto sull’ambiente, ma ha anche dei costi sociali. Questi ultimi vengono calcolati dalle agenzie del clima in base ai danni economici, ai costi sanitari e agli impatti sociali. Questi valori vengono poi convertiti in valuta per tonnellata di CO₂ emessa. Secondo una ricerca del 2022 dell’European Environment Agency (EEA), l’istituto europeo che si occupa di monitorare il clima in Europa, i costi sociali dell’inquinamento atmosferico causato dalle industrie risultano molto alti: si stima che nel 2017 (ultimi dati disponibili) solo nel nostro continente siano tra i 277 e 433 miliardi di euro, equivalenti a circa il 2% del PIL europeo. Si stima, inoltre, che poco più di 200 impianti, su oltre 11.000 monitorati, abbiano causato il 50% dei costi sociali. Questi dati sono comunque in diminuzione, grazie anche a politiche europee mirate.

Proprio per permettere la graduale decarbonizzazione, l’UE è intervenuta con delle politiche volte a disincentivare le emissioni. Tra queste l’Emission Trading System, che si basa sul principio del "chi inquina paga". Le oltre 11.000 centrali elettriche e industrie più inquinanti d’Europa, quando superano il limite di emissioni, devono pagare delle quote per ogni tonnellata di CO₂ che emettono. Le quote di emissioni di CO₂ vengono assegnate con una procedura d'asta. Il numero delle quote che ogni Stato colloca attraverso queste aste viene calcolato partendo dalle emissioni storiche degli impianti che emettono CO₂ presenti nel singolo paese. Il sistema prevede che la metà – come minimo – di quanto incassato con le aste debba essere reinvestita dagli Stati in attività che abbiano l’obiettivo di contrastare il climate change, ponendo di fatto un tetto alle emissioni delle industrie europee che inquinano di più.
Alcune di queste quote vengono fornite gratuitamente alle aziende manifatturiere per evitare che le industrie trasferiscano la produzione in aree geografiche con meno restrizioni ambientali, e poi importino il prodotto in UE. Allo stesso tempo, per garantire il percorso verso il net zero, nel 2023 l’UE ha varato un altro meccanismo anti-delocalizzazione che gradualmente andrà a sostituire quello delle quote gratuite dell’ETS: si tratta del CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), che prevede di applicare ai prodotti dei settori Hard to Abate realizzati fuori dai confini continentali un prezzo per le emissioni incorporate, eliminando quindi le quote gratuite. Questa misura è vista con scetticismo dai settori più energivori, che lamentano un eccesso di burocrazia celando un velato timore di perdita di competitività. È previsto che il CBAM entri in vigore definitivamente il 1° gennaio 2026.


Esistono anche standard internazionali che premiano il percorso di decarbonizzazione, tra cui l’SBTi (acronimo di Science Based Target Initiative), che – sulla base di elementi scientifici – definisce i target che un’azienda deve raggiungere per ridurre le proprie emissioni di gas a effetto serra fino ad azzerarle entro il 2050. A questo si aggiunge il CDP (Carbon Disclosure Project, ora trasformatosi in Disclosure Insight Action), organismo internazionale accreditato presso le Nazioni Unite, che offre un sistema per misurare, rilevare, gestire, e condividere a livello globale informazioni sul cambiamento climatico, aiutando le aziende a divulgare il proprio impatto ambientale assegnandole un rating riconosciuto a livello mondiale.
Per ottenere il primo è necessario che l’azienda abbia un piano di riduzione delle proprie emissioni pari al 45% entro il 2030, con l’obiettivo di arrivare a zero entro il 2050. Le attività aziendali coinvolte in questo abbattimento devono riguardare la produzione (Scope 1), il consumo dell’energia (Scope 2) e la catena di fornitura (Scope 3). Oggi questo standard è detenuto da circa 3.900 aziende nel mondo. Il CDP è invece ampiamente adottato dalle grandi aziende a livello globale e ha come obiettivo quello di aumentare la trasparenza riguardo all'impatto ambientale della singola impresa — gli stakeholder, infatti, spesso scelgono di investire o avviare una partnership anche sulla base dello score CDP. L'impegno di un'azienda verso la sostenibilità e la riduzione delle emissioni di anidride carbonica ne aumenta la credibilità di fronte agli investitori. Inoltre, essere conformi agli standard SBTi e CDP può fornire alle aziende un vantaggio competitivo, che consente di avere un più facile accesso al credito e rimanere all’interno delle filiere internazionali.
Proprio il tema della competitività diventa cruciale: come ha sottolineato il Rapporto Draghi, l’Europa è chiamata ad affrontare scelte fondamentali per trovare un equilibrio tra gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione che si è posta - superiori per esempio a quelli di Stati Uniti e Cina - e la necessità di preservare la competitività della propria industria nel mercato globale. Il tema è molto sentito anche dall’imprenditoria italiana, in particolare dai settori energivori, che soffrono la concorrenza estera soprattutto a causa degli elevati costi energetici e di quelli legati all’impronta carbonica dei prodotti. Per vincere la sfida è necessario, da una parte, puntare sulle fonti rinnovabili e su meccanismi a supporto della loro diffusione, dall’altra agire sui consumi, contenendoli e decarbonizzandoli.
Gli step del percorso verso il Net Zero
La riduzione delle emissioni avviene attraverso l'ottimizzazione energetica e l'adozione di tecnologie green
Le aziende che decidono di affrontare la sfida della decarbonizzazione devono essere pronte ad avviare un percorso che si compone di diversi step e di un insieme di tecnologie
Analisi e misurazione
Consiste nel comprendere l'impatto ambientale di tutte le aree del business aziendale. Le aziende devono considerare tutti i tipi di emissioni e identificare le aree critiche su cui intervenire
Definizione strategica
È necessario fissare dei target di decarbonizzazione in linea con gli standard internazionali, definendo una chiara roadmap per raggiungerli. Questo passaggio richiede un'analisi dettagliata, nonché la personalizzazione della strategia in base alle caratteristiche e alle esigenze della specifica azienda
Soluzioni integrate
Le aziende devono identificare e implementare soluzioni tecnologiche integrate per ridurre le emissioni di carbonio. Questo deve includere la produzione e l’utilizzo di energie rinnovabili, l'ottimizzazione dei consumi e l’adozione di soluzioni innovative che in alcuni casi presuppone anche la ridefinizione dei processi industriali
Standard Internazionali
È importante conformarsi agli standard internazionali e alle migliori pratiche nel campo della sostenibilità e della decarbonizzazione. Le aziende dovrebbero adottare standard riconosciuti a livello globale per garantire l'efficacia delle proprie iniziative
Monitoraggio e report
Le aziende devono monitorare le proprie performance e produrre report dettagliati sulle azioni intraprese e sui risultati ottenuti. Questo passaggio è cruciale per valutare l'efficacia delle iniziative e apportare eventuali correzioni di rotta
Comunicazione esterna
Le aziende devono comunicare in modo trasparente ed efficace le proprie azioni, nonché i risultati ottenuti in termini di sostenibilità e decarbonizzazione. La comunicazione esterna è fondamentale per coinvolgere i clienti, i partner, gli stakeholder e gli investitori, e per far trasparire l'impegno dell'azienda verso la sostenibilità

Diverse aziende si stanno orientando verso l’utilizzo del fotovoltaico per soddisfare parte del proprio fabbisogno energetico, riducendo al tempo stesso le emissioni. In Italia, secondo i dati del GSE (Gestore Servizi Elettrici), gli impianti fotovoltaici industriali stanno aumentando. Il settore, nel suo complesso, copre oltre 50% dell’energia prodotta da fonte solare in Italia. Tuttavia, faticano a crescere gli impianti di grande potenza, quelli superiori ai 10 KW, soprattutto nel settore Hard to Abate che rappresenta solo il 6% delle installazioni di impianti fotovoltaici in Italia.
Il settore Hard to Abate è indicato dalla Commissione Europea come un driver fondamentale della decarbonizzazione perché rappresenta il 51% delle emissioni di gas serra dell’industria. L’Italia è molto più indietro: il 71% delle emissioni di gas serra dell'industria arriva dal settore Hard to Abate. In questo contesto il fotovoltaico rappresenta un fattore di decarbonizzazione valido che può essere sostenuto anche grazie a meccanismi virtuosi come quelli previsti dell’Energy Release, ma non permette di raggiungere gli obiettivi di net zero fissati dall’UE al 2050. È quindi fondamentale creare un percorso che preveda l’utilizzo di più tecnologie nel tempo, partendo da quelle più mature per arrivare a includere soluzioni come l’idrogeno, uno dei vettori energetici chiave per la decarbonizzazione dei settori energivori. Le seguenti leve strategiche permetterebbero di abbattere l’80% delle emissioni dell’industria Hard to Abate, secondo uno studio del Boston Consulting Group pubblicato nel 2022.
Ottimizzazione dei consumi energetici
Grazie all'utilizzo di sensori intelligenti e sistemi di monitoraggio avanzati, le imprese possono analizzare in tempo reale i consumi energetici, individuare inefficienze e implementare strategie mirate per ridurre gli sprechi. L'integrazione di tecnologie digitali, come l’Internet of Things (IoT) – ovvero una rete di dispositivi connessi e dotati di sensori che consentono di trasmettere e ricevere informazioni – e l'intelligenza artificiale, consente una gestione più precisa e automatizzata dei processi, ottimizzando l'uso delle risorse e contribuendo a una diminuzione significativa dell'impronta emissiva complessiva
Efficientamento dei processi industriali
Lo sviluppo di soluzioni innovative efficienti permette di minimizzare e monitorare le emissioni di gas serra, anche valorizzando risorse che altrimenti sarebbero inutilizzate. Il recupero dei cascami termici, ad esempio, prevede la cattura e la valorizzazione del calore residuo generato durante le attività industriali, da riutilizzare per alimentare i processi
Autoproduzione di energia
L'installazione di impianti fotovoltaici e soluzioni come trigenerazione o cogenerazione ad alto rendimento consentono alle imprese di produrre autonomamente parte o l'intera quantità di energia necessaria per le proprie attività. Inoltre, l'autoproduzione di energia rinnovabile può offrire vantaggi economici a lungo termine, riducendo i costi operativi legati all'acquisto di energia da fonti tradizionali e aumentando la resilienza delle aziende alle fluttuazioni del mercato energetico
Elettrificazione
Il processo di sostituzione delle tecnologie che utilizzano combustibili fossili, con quelle che sfruttano l’elettricità rinnovabile, permette di sviluppare business sostenibili, preservando la competitività
Green gas
L’idrogeno e il biometano sono vettori chiave nel percorso di decarbonizzazione, poiché sostituiscono efficacemente i combustibili fossili, come il gas naturale, riducendo le emissioni di gas serra e contribuendo al progresso verso un'economia a basse emissioni di carbonio
Carbon Capture, Utilization and Storage
Le aziende possono implementare sistemi di cattura che estraggono l'anidride carbonica dai gas prima che vengano rilasciati nell'atmosfera. Questa CO₂ catturata può essere utilizzata in vari settori, come l'industria alimentare, quella delle bevande o addirittura per la produzione di materiali avanzati. Inoltre, le aziende possono esplorare opzioni di stoccaggio sicuro e permanente dell'anidride carbonica, come il suo confinamento geologico, contribuendo così in modo significativo alla riduzione delle emissioni globali di gas serra e all'adozione di pratiche più sostenibili

L'idrogeno è uno dei vettori chiave della transizione energetica. Attualmente richiede sforzi in termini di investimento e soprattutto di costi di gestione: entrambi però sono previsti al ribasso nel medio termine.
Tra le tecnologie più interessanti per favorire la decarbonizzazione nei processi industriali c’è l’utilizzo dell’idrogeno "verde", a zero emissioni, perché prodotto utilizzando fonti di energia rinnovabile – come l'energia solare – e la sua combustione produce solo vapore acqueo. Secondo un report di Confindustria del 2024, per sviluppare un mercato efficiente dell’idrogeno verde è necessario abbattere i costi che a oggi risultano ancora troppo alti, anche se è prevista una riduzione: a seconda degli scenari, Confindustria stima che il prezzo dell’idrogeno verde potrebbe scendere fino a 5 €/kg, a patto che vengano adottate politiche di incentivazione e supporto alla produzione. In questo senso la Strategia Nazionale per l’Idrogeno diffusa a dicembre 2024 rappresenta una pietra miliare: continuando a considerare l’idrogeno uno dei vettori chiave della transizione energetica, definisce come “prioritarie” le azioni di sostegno economico in quanto necessarie per consentire sia l’avvio della produzione di idrogeno rinnovabile nel nostro Paese, sia lo sviluppo della domanda. E’ necessario che tali incentivi vengano definiti ed erogati in tempi rapidi per scongiurare, soprattutto in ambito mobilità a idrogeno, che le iniziative già finanziate possano essere compromesse dalla mancanza di domanda o dall’elevato costo di vendita della molecola all’utenza finale. Per ora le imprese si stanno orientando verso un mix di idrogeno verde e gas naturale: ad esempio, nel settore ceramico, alcune aziende stanno utilizzando miscele di idrogeno e gas naturale in alte percentuali, oltre il 50%, per alimentare i loro impianti. Questo approccio consente di ridurre l'impatto ambientale e di avviare una transizione graduale verso fonti energetiche più pulite limitando i costi.
Un’altra tecnologia alternativa è il biometano prodotto attraverso la digestione anaerobica di materiali organici — come rifiuti alimentari, letame, biomasse, fanghi da acque reflue. In un digestore anaerobico, i batteri decompongono la materia organica generando biogas, che viene purificato per rimuovere impurità come anidride carbonica e idrogeno solforato. Il biometano risultante può essere iniettato nella rete del gas naturale o utilizzato come carburante rinnovabile in veicoli a gas naturale. Si auspica un incremento della produzione: in Italia sono appena 85 gli impianti, distribuiti per ora solo nel centro e nord Italia. Inoltre, la produzione è ancora molto bassa, va dai 752 Msmc/a ai 570 Msmc/a, anche a causa dell'incertezza sia normativa sia legata agli incentivi.
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