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End of waste: l’importanza di valorizzare i rifiuti

Opportunità e benefici per le aziende

30 ottobre 2024
End of waste: l’importanza di valorizzare i rifiuti

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30 ottobre 2024
End of waste: l’importanza di valorizzare i rifiuti

End of waste: l’importanza di valorizzare i rifiuti

Opportunità e benefici per le aziende

30 ottobre 2024
End of waste: l’importanza di valorizzare i rifiuti

In un panorama industriale in rapida evoluzione come quello attuale, una gestione efficace dei rifiuti svolge un ruolo cruciale per la sostenibilità e la tutela dell'ambiente. Prova ne è che l'industria della gestione dei rifiuti, condotta in modo responsabile e conforme alle normative, registra un giro d’affari in continua crescita. Research and markets ritiene che il mercato globale raggiungerà 1.598 miliardi di dollari entro il 2029, rispetto ai 1.219 miliardi di dollari stimati per il 2024, con un CAGR del 5,6% annuo. Un business decisamente importante, ma che può diventare fonte di reddito anche per chi i rifiuti li produce grazie all’end of waste.

Lo stato del riciclo in Italia

Dal rapporto Il riciclo in Italia 2023 della Fondazione Sviluppo Sostenibile emerge che l’Italia è all’avanguardia in Europa nel riciclo di carta, vetro e acciaio: il tasso è dell’81%. Gli imballaggi in alluminio hanno un tasso di riciclo del 74%, ben oltre il 60% previsto dall’Ue per il 2030, e in Italia si produce solo alluminio secondario da riciclo. Mentre il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica è al 48,6% rispetto all’obiettivo EU al 2030 del 50%. L’Italia detiene il primato nel riciclo di rottami ferrosi in Europa (18,6 milioni di tonnellate nel 2022) con i quali produce l’85% del suo acciaio.

Buone sono le performance per gli inerti da costruzione e demolizione che hanno raggiunto un tasso di recupero quasi del 78%, ben superiore all’obiettivo del 70% europeo. 

Secondo il 6° Rapporto sull’economia circolare in Italia (2024), nel periodo 2018-2022, nell’UE27 il tasso di utilizzo circolare di materia (CMU), definito come il rapporto tra l’uso di materie prime seconde generate con il riciclo e il consumo complessivo di materiali, ha mantenuto un andamento costante. Infatti, nel 2018 il valore corrispondeva all’11,6%, mentre nel 2022 all’11,5%. La performance migliore tra i paesi analizzati spetta alla Francia (19,3%), seguita dall’Italia (al 18,7%).

Il rapporto Assofermet afferma che nel 2023 il settore del recupero e riciclo dei metalli in Italia ha generato un giro d’affari di 18 miliardi di euro, che comporta un aumento del 7,1% rispetto ai 16,8 miliardi del 2022.

Recuperare valore dagli scarti di produzione

Research and markets prevede che, a fronte del numero crescente di imprese produttive in tutto il mondo, guidato dall'urbanizzazione e dalle tendenze all'industrializzazione, il segmento industriale sarà nei prossimi anni la fonte a più elevato tasso di crescita per chi si occupa dello smaltimento dei rifiuti. Questo aumento dell'attività produttiva provoca un proporzionale incremento del volume e della complessità dei rifiuti industriali generati, richiedendo strategie e tecnologie di gestione più avanzate per far fronte ai molteplici flussi di rifiuti creati.

In passato, l'esigenza di uno stabilimento industriale era di liberarsi dei rifiuti. Oggi esiste l’opportunità di recuperare dei rifiuti della produzione per farli tornare a essere una materia prima. Tale opportunità si chiama appunto end of waste. Quindi, benché l’azienda formalmente continui a produrre dei rifiuti, dal comprensorio industriale escono nuovi prodotti potenzialmente impiegabili in un'altra filiera. In questo modo, si riesce a far recuperare valore a scarti di produzione.

end of waste

Questo valore può essere di due tipi: il primo ha a che vedere con la sostenibilità del business, perché l’end of waste contribuisce alla diminuzione dell’utilizzo di materie prime. Secondariamente, il valore si può anche tradurre in termini economici perché i materiali end of waste possono essere venduti per altre filiere.

Addirittura, in certi settori, come per esempio l’agroalimentare, la sostenibilità sta diventando prioritaria rispetto al fattore economico. Questo perché i consumatori pongono sempre più attenzione ad aspetti che vanno oltre il biologico e che considerano tutte le forme di impatto a livello di filiera. Compresi quindi anche i rifiuti.

La sostenibilità di tutta la filiera

Le tematiche di sostenibilità osservate dalla prospettiva di filiera rappresentano un componente fondamentale per predisporre un’efficace gestione dell’end of waste. Proprio perché si tratta di azioni che si traducono automaticamente in una riduzione dell’impatto sull'ambiente e sulla salute delle persone.

In pratica, le aziende produttrici devono essere sempre più responsabili anche della propria supply chain. Questo, per esempio, può voler dire indurre i fornitori a usare più materie prime riciclate e a ridurre le emissioni di CO2.

Nel complesso, si sta andando nella direzione di responsabilizzare tutti gli attori della filiera, accrescendo in questo modo la responsabilità e la consapevolezza dell'impatto ambientale. E i bilanci di sostenibilità previsti dalla CSRD e da altre normative vanno visti in tal senso. Si sta creando così una sorta di percorso obbligato, in quanto i fornitori che non saranno in grado di garantire precisi requisiti non potranno più lavorare per certi committenti. Non basterà però affermare di essere conformi alle richieste. Tutti i bilanci di sostenibilità dovranno essere certificati e verificati da enti esterni, così da dimostrare in concreto le proprie performance.

Se poi si valuta questo scenario dalla prospettiva di un’evoluzione verso l’economia circolare, si nota che si tratta di un processo pervasivo che deve coinvolgere tutta la catena, proprio perché deve permettere a tutti gli attori di riutilizzare il più possibile ciò che oggi è considerato scarto. In tal modo si limita anche il ricorso a materie prime. E oggi che la domanda di risorse naturali del nostro pianeta è diventata insostenibile, l'economia circolare aiuta a conservare e ottimizzare le risorse limitate. Questo la rende una priorità nell'ambito degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG 12). Eppure, come viene evidenziato dal report The circularity gap report 2024 della Circular Economy Foundation, il tasso globale di materiali recuperati rispetto ai materiali utilizzati (tasso di circolarità) è diminuito negli ultimi anni, passando dal 9,1% nel 2018 al 7,2% nel 2023.

Quali materiali rientrano nel mondo dell’end of waste?

end of waste

La valutazione dei materiali da considerare come end of waste implica una prima importante distinzione tra rifiuti e sottoprodotti. Per rifiuti si intendono gli scarti inutilizzabili che sarebbero destinati allo smaltimento e che possono essere riutilizzati solo se sottoposti a un trattamento specifico. Per sottoprodotti si intendono invece quegli scarti derivanti da un processo produttivo che possono essere riutilizzati senza particolari trattamenti. Per fare un esempio, sottoprodotti sono i componenti di scarto che possono essere riutilizzati tal quali in un altro processo. È evidente che i sottoprodotti non possono diventare end of waste perché in origine non sono rifiuti per definizione.

La normativa precisa quali materiali possono trasformarsi da rifiuto in prodotto e quali trattamenti devono essere eseguiti affinché non contengano residui di sostanze pericolose. Non solo, devono anche sussistere delle dinamiche particolari: il materiale deve rispondere a una domanda di mercato, deve cioè essere certo che avrà una nuova collocazione come materia prima.

La normativa è molto chiara e propone regole per alcuni materiali quali, tra gli altri, ferro, acciaio, vetro, rame, combustibili solidi secondari, conglomerato bituminoso, pneumatici, carta, cartone e rifiuti da costruzione e demolizione.

Un aspetto importante della norma riguarda la possibilità di aggiungere all’end of waste materiali oggi non contemplati, individuando un processo specifico. Un esempio in questo senso è il legno, il quale, seppure rappresenti una parte importante dei rifiuti, attualmente non rientra tra gli end of waste.

Sfruttare la simbiosi industriale

Anche se c’è una precisa normativa per la sua gestione, l’end of waste non è obbligatorio. È un’opportunità, che però non tutti colgono. Normalmente, è una procedura attuata dalle aziende che hanno nella gestione dei rifiuti il loro business e che quindi riescono più facilmente a trovare filiere alternative per il materiale nel momento in cui non è più un rifiuto.

Pensare di trasformare i rifiuti vuol dire acquisire competenze normative e nuovi impianti.  Per un’impresa produttrice, focalizzata sulle proprie attività, anziché avviare un processo in proprio, risulta molto più comodo poter sfruttare le competenze di un operatore specializzato nella gestione dei servizi energetici e ambientali in grado di promuovere il concetto di simbiosi industriale.

end of waste

Questi può offrire un supporto completo e integrato per affrontare la complessità del settore ambientale, facendosi carico di tutte le procedure, dalla gestione delle autorizzazioni ai rapporti con gli enti regolatori, fino al controllo della filiera di recupero e smaltimento, riducendo i rischi e le responsabilità legate a queste attività.

Un partner specializzato nella gestione dei servizi energetici e ambientali possiede anche le competenze per la gestione della chimica dei materiali, necessarie, ad esempio, per le batterie di nuova generazione. Infine, garantisce visibilità completa sul processo energetico e ambientale, assicurando trasparenza e verificabilità in ogni fase, essenziale per le aziende quotate in borsa o che devono rispettare alti standard di sostenibilità.

Affidarsi a un operatore energetico e ambientale permette alle aziende di concentrare risorse e tempo sul proprio core business, migliorando l'efficienza operativa e contribuendo alla crescita sostenibile.

Con il contributo di

semeria
Alessandro Semeria
Direttore Environmental Operation Circular Economy, Edison NEXT

Laureato in fisica teorica all'Università di Genova, è passato dalla ricerca nel campo della fisica nucleare a quella sui sistemi caotici, reti geniche e dinamica dei sistemi complessi. Passato nel 2005 dal Centro Ricerche Montecatini di Ravenna a Fenice, si è occupato di progetti di monitoraggio ambientale, risanamento, gestione rifiuti e consulenza, ricoprendo dapprima ruoli tecnici, poi, dal 2007, di responsabile dello sviluppo commerciale. Nel Gruppo Edison dal 2012 ha continuato a occuparsi delle stesse tematiche assumendo la gestione della direzione operativa e curando al contempo diverse trattative per il rinnovo dei contratti con alcuni dei principali gruppi industriali italiani. Attualmente è Direttore Environmental Operation Circular Economy di Edison NEXT.   

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