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Sistema ETS-CBAM: cosa cambia per le industrie europee

Dall’eliminazione delle quote gratuite alla nuova burocrazia

April 09, 2024
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Sistema ETS-CBAM: cosa cambia per le industrie europee

Dall’eliminazione delle quote gratuite alla nuova burocrazia

April 09, 2024
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Sistema ETS-CBAM: cosa cambia per le industrie europee

Dall’eliminazione delle quote gratuite alla nuova burocrazia

April 09, 2024
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Quando si affronta il problema della decarbonizzazione c’è sempre un tema che fa capolino nei discorsi delle persone. Ovvero: a cosa serve che Italia e Unione Europea si impegnino così tanto per limitare il proprio impatto ambientale, se poi il resto del mondo non fa altrettanto? Il sottinteso è che questo impegno rischi persino di essere controproducente, in particolare per le nostre imprese, che rischierebbero così di essere penalizzate rispetto alla concorrenza extra europea.  

Le aziende del vecchio continente, infatti, sono tenute ad acquistare i permessi per le emissioni da anidride carbonica nell’ambito del sistema ETS; ovvero, il sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione (l’Emission trading system o ETS). Quest’ultimo è il principale strumento adottato dall’Unione Europea per raggiungere gli obiettivi di riduzione della CO2 nei principali settori industriali e nel comparto dell’aviazione. Sostanzialmente ogni operatore coinvolto dallo schema deve “compensare” su base annuale le proprie emissioni effettive (verificate da un soggetto terzo indipendente) con un corrispondente quantitativo di certificati ETS.

Le industrie extra europee, invece, non sono quasi mai soggette a tariffe e norme ambientali altrettanto stringenti, con conseguenti vantaggi da un punto di vista prettamente economico. Da un punto di vista ambientale, inoltre, il rischio concreto è quello del cosiddetto "carbon leakage" (delocalizzazione delle emissioni di CO2): questo fenomeno si verifica quando le industrie soggette a prezzi del carbonio o a regolamenti ambientali rigorosi spostano la propria produzione in aree con regolamenti più deboli o costi inferiori, annullando così i vantaggi per la salute del Pianeta. 

Gli obiettivi del CBAM  

Nella realtà economica globale, sempre più interconnessa, le cose sono però un po’ più complicate del quadro appena descritto: le stesse imprese industriali europee sottoposte ai meccanismi ETS, sono spesso e volentieri importatrici di una serie di articoli e manufatti prodotti al di fuori dello spazio economico europeo, fondamentali per il proprio modello di business.  

Molte cose sono però destinate a cambiare con l’introduzione– definitiva a partire dal 1° gennaio 2026, alla fine della fase transitoria avviata a ottobre del 2023 – del meccanismo CBAM (Carbon Boarder Adjustment Mechanism). Si tratta di una misura normativa adottata dall’UE che si applica alle importazioni di merci/prodotti a maggior intensità di carbonio provenienti da paesi extra UE, proprio con il fine di garantire che non siano vanificati gli sforzi di riduzione delle emissioni all'interno del vecchio continente, ottenuti grazie all’applicazione del meccanismo EU ETS. 

L’obiettivo finale del CBAM, che porterà all’eliminazione delle attuali quote gratuite previste dal sistema ETS, è quello di fare in modo che il prezzo delle importazioni rifletta in modo più equo l'entità di carbonio, garantendo una maggiore parità di condizioni tra i prodotti fabbricati nell’Unione Europea e quelli importati da Paesi terzi. Da notare che il CBAM non sostituirà il sistema ETS, che continuerà a funzionare regolarmente, ma, piuttosto – secondo la UE – contribuirà a rafforzarlo, evitando il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.  

Cosa prevede la fase transitoria  

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Ma in che modo funzionerà il CBAM? Innanzitutto, il meccanismo è entrato soltanto nella sua fase transitoria, destinata a durare fino al 31 dicembre 2025: in questa fase gli importatori dell’Unione Europea di merci “inquinanti” non saranno tenuti ad alcun tipo di esborso, ma dovranno rispettare esclusivamente gli obblighi di comunicazione - su base trimestrale - previsti da determinati articoli del Regolamento. Queste disposizioni, ad esempio, stabiliscono la necessità di presentare una reportistica periodica contenente i quantitativi di carbonio presenti nelle merci/prodotti che sono state importate nella UE.  Nel concreto, un importatore europeo di un bene coinvolto – ad esempio di acciaio – dovrà mettersi in contatto con i propri fornitori extraeuropei e stimarne il quantitativo di emissioni incorporate, ovvero quelle associate alla produzione, trasporto, installazione, manutenzione e smaltimento. Il primo rapporto, con dati riferiti al quarto trimestre 2023, è stato inviato entro la fine di gennaio 2024.  

Non solo: inizialmente il CBAM sta interessando soltanto alcune importazioni di sei settori ad alta intensità di carbonio: cemento, acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno. A partire dal primo gennaio 2026, però, il periodo transitorio avrà termine e diventeranno operative tutte le disposizioni del Regolamento. In particolare, le autorità doganali autorizzeranno l'importazione delle merci soggette al regolamento esclusivamente da parte di un operatore qualificato come "dichiarante CBAM autorizzato".  

Quindi le imprese interessate dovranno, una volta autorizzate, dichiarare ogni anno la quantità di merci soggette a CBAM importate nell’anno civile precedente e i dati delle emissioni di anidride carbonica incorporate (come già previsto nella fase transitoria). E soprattutto, saranno tenute ad acquistare un numero di certificati CBAM corrispondente a quanto dichiarato, il cui valore sarà fissato dalla UE in base al prezzo medio d’asta delle quote EU ETS (espresso in €/tonnellata).  In base a quanto previsto dal Regolamento, questi soggetti saranno tenuti a presentare una dichiarazione CBAM entro il 31 maggio di ogni anno. La prima dichiarazione CBAM, relativa alle merci importate nel 2026, dovrà dunque essere presentata entro il 31 maggio 2027. 

Sistema ETS e CBAM: le complicazioni per le imprese UE

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Fin qui abbiamo spiegato, molto sinteticamente, il funzionamento del CBAM. Dalle precedenti righe è facile comprendere come, dal punto di vista delle imprese interessate a importare i prodotti sottoposti al regolamento, oltre al costo dei certificati CBAM, ottemperare a quanto previsto non sarà affatto semplice. In particolare, è evidente la complessità nel reperire i dati da fornitori extra UE che – non di rado - potrebbero essere poco entusiasti nel fornire informazioni riservate e commercialmente sensibili sulla loro produzione. Inoltre, l’identificazione delle emissioni dirette ed indirette connesse alla produzione delle merci CBAM, specialmente per fornitori non avvezzi alle normative continentali, potrebbe risultare molto difficoltosa. In questo senso per le industrie europee diventerà fondamentale contare sul sostegno un partner capace di tenere sotto controllo tutta la notevole mole di aspetti burocratici connessi all’introduzione del regolamento.  

Il tema, anche se probabilmente nella fase transitoria interesserà soprattutto le grandi imprese, riguarda le aziende di ogni dimensione che sono a tutti gli effetti tenute a rispettare il meccanismo del CBAM. Le piccole e medie imprese, inoltre, hanno già a che fare con il registro RENAPE in cui sono elencati tutti i Piccoli Emettitori esclusi dal Sistema per lo scambio di quote emissione di gas a effetto serra dell’UE (EU ETS). A partire dal 31 ottobre 2023, l’UE ha stabilito una serie di regole in base alle quali i gestori di determinati impianti inquinanti dovranno preparare piani di neutralità climatica al fine di poter ricevere le quote gratuite di ETS.  

Di tutto questo si parlerà nel webinar “ETS: dalla compliance alle opportunità” organizzato da Edison Next in collaborazione con Digital360, in programma il prossimo 19 aprile (dalle 11.30 alle 13.00). Un incontro che permetterà di fare chiarezza sui prossimi adempimenti per tutte le imprese impegnate in processi di decarbonizzazione. 

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