
Idrogeno verde
È questo il futuro dell’energia?
L’offerta, la domanda e la distribuzione
Le Hydrogen Valley
L'idrogeno verde rappresenta un elemento chiave della transizione energetica verso un futuro a basse emissioni di carbonio
Tale vettore energetico offre molte possibilità di decarbonizzare, avendo il vantaggio, a differenza dei combustibili fossili tradizionali, di essere prodotto da fonti rinnovabili senza emissioni di gas serra
Densità energetica dell’idrogeno su base massica. A parità di peso, dunque, l’idrogeno può immagazzinare oltre tre volte più energia rispetto al metano, che ha invece un valore pari a circa 40 MJ/kg. Per questo l’idrogeno viene definito un combustibile ad “alta intensità energetica”: leggero ma potentissimo
Densità energetica dell’idrogeno su base volumetrica, a condizioni standard. A parità di volume, il gas naturale ha un potere calorifico pari a 31,7 MJ/Nm³, tre volte superiore rispetto all'idrogeno. Per trasportare la stessa energia, quindi, per l’idrogeno servono serbatoi più grandi, pressioni più elevate o tecnologie di compressione e liquefazione più sofisticate
Gli ultimi sono stati anni di svolta per il supporto alle tecnologie e allo sviluppo dell’intera filiera dell’idrogeno verde in Europa
L’idrogeno è l’elemento più abbondante nell’universo e costituisce il Sole, le stelle e gran parte dei pianeti. Tuttavia, sulla Terra, l’idrogeno elementare è quasi inesistente, poiché si trova principalmente legato ad altri elementi, come l’acqua. Per ottenere idrogeno puro, è necessario produrlo attraverso specifici processi industriali.
I metodi principali per la sua produzione sono due.
Questo grazie a una serie di accordi volti a favorire la diffusione del vettore — soprattutto a partire dal 2023. Si tratta di una soluzione già pronta a livello tecnologico, però considerata prospettica perché pone sfide soprattutto a livello economico e di diffusione della domanda. Queste sfide possono essere vinte con il supporto di incentivi nazionali ed europei
Elettrolisi dell’acqua
Un processo che scompone le molecole d’acqua (H₂O) in idrogeno (H₂) e ossigeno (O) mediante l’uso di elettricità. Se l’energia impiegata proviene da fonti rinnovabili, il processo è completamente sostenibile e produce idrogeno verde, il vettore energetico chiave per la decarbonizzazione. In particolare, per ogni due molecole di acqua, si ottengono due molecole di idrogeno e una molecola di ossigeno.
Reforming dei combustibili fossili
Un processo chimico che estrae l’idrogeno, solitamente dal metano (CH₄), rilasciando però elevate quantità di anidride carbonica (CO₂), il principale gas responsabile del cambiamento climatico. L’idrogeno così ottenuto viene chiamato idrogeno grigio. Se, durante il reforming, la CO₂ viene catturata e stoccata, si parla di idrogeno blu, che, pur riducendo le emissioni, comporta comunque una dispersione di anidride carbonica nell’atmosfera.
Idrogeno verde
Si ottiene mediante elettrolisi dell'acqua, utilizzando energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. Questo processo non genera emissioni di CO₂, rendendolo la soluzione più sostenibile per la decarbonizzazione. Tuttavia, il costo della tecnologia e la limitata capacità installata, tra le altre cose, rappresentano ancora delle sfide.
Idrogeno blu e grigio
Entrambi derivano da idrocarburi, in particolare attraverso il processo di steam reforming del metano (CH₄), una tecnologia oggi molto diffusa che rappresenta oltre il 90% della produzione globale di idrogeno. Tuttavia, questo processo genera significative emissioni di anidride carbonica. Quando la CO₂ prodotta viene rilasciata in atmosfera, si parla di idrogeno grigio, se invece la CO₂ viene catturata e immagazzinata, si ottiene idrogeno blu, considerato una variante più sostenibile della stessa tecnologia.
Idrogeno rosa
Si ottiene tramite elettrolisi dell'acqua, utilizzando energia elettrica di origine nucleare. Questo metodo garantisce basse emissioni di CO₂, ma il dibattito sull'accettabilità del nucleare influisce sulla sua diffusione.
L’unica tipologia di idrogeno completamente decarbonizzata attualmente utilizzabile – non essendo a oggi praticabile in Italia il nucleare – è dunque l’idrogeno verde. Questo utilizza l’acqua come materia prima, viene prodotto con energia rinnovabile al 100% e, quando brucia per generare energia, libera esclusivamente vapore acqueo. Inoltre, la sua combustione avviene a temperature molto elevate (circa 2.100°C), rendendolo adatto anche ai processi industriali che richiedono tali temperature. Per questo motivo, l’idrogeno verde rappresenta una soluzione ideale per numerose applicazioni, dai trasporti all’industria pesante, con la possibilità di creare una vera e propria filiera legata a questo green gas.

L’utilizzo concreto dell’idrogeno nei processi industriali e nei trasporti, deve però fare i conti con alcuni punti aperti legati alle caratteristiche che presenta questo green gas, alle regole che normano la sua produzione e alle sfide che deve affrontare
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L’idrogeno verde e la necessità di acqua
La diffusione su larga scala dell’idrogeno verde deve fare i conti, tra le altre cose, con la considerevole quantità di acqua necessaria per il processo di elettrolisi, un aspetto particolarmente critico nelle aree geografiche caratterizzate da stress idrico. Per produrre idrogeno attraverso elettrolisi è necessaria una quantità significativa di acqua con un certo grado di purezza, alla quale si sommano ulteriori volumi richiesti per i processi di raffreddamento e per il trattamento preliminare dell’acqua stessa, facendo aumentare sensibilmente il fabbisogno idrico complessivo. In regioni aride o dove l’accesso all’acqua potabile è già limitato, questa richiesta diventa un fattore rilevante per la realizzazione di impianti su larga scala. Inoltre, l’acqua da utilizzare deve essere altamente pura: sali minerali, metalli pesanti o altri contaminanti presenti nell'acqua possono danneggiare le sensibili membrane elettrolitiche all’interno dell’elettrolizzatore, riducendone la durata operativa, aumentando la frequenza degli interventi di manutenzione e quindi i costi operativi complessivi, comportando la necessità di impianti di pretrattamento dell’acqua.
Quanta acqua è necessaria per produrre idrogeno verde?
litri
L’acqua ultrapura — priva quindi di impurità — necessaria per produrre 1 chilo di idrogeno verde
l/h
L’acqua ultrapura necessaria per un impianto da 1MW per generare 18 kg/ora di idrogeno verde
L’uso di acqua non demineralizzata renderebbe il processo meno efficiente, poiché la presenza di impurità comprometterebbe la conducibilità del mezzo, rendendo più difficile la separazione delle molecole di idrogeno e ossigeno. Questo significa che, a parità di output, sarebbe necessario immettere più energia elettrica per ottenere la stessa quantità di idrogeno, abbassando la resa energetica complessiva e rendendo il processo meno sostenibile e competitivo, sia in termini ambientali sia economici. In ottica di economia circolare, soluzioni di recupero, riuso e riciclo delle acque reflue possono supportare la produzione di idrogeno verde offrendo vantaggi sia ambientali che economici. Può rivelarsi interessante anche il recupero di acque meteoriche, rappresentando un’opportunità anche per quei territori alle prese con scarsità idrica. Sebbene ci siano sfide tecniche ed economiche da affrontare, l'integrazione di sistemi di trattamento efficaci e l'evoluzione delle tecnologie di purificazione potrebbero rendere questa soluzione sempre più praticabile e sostenibile nel futuro.

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Forma liquida o gassosa?
L’idrogeno è il vettore energetico più leggero che esista e la sua bassa densità volumetrica impone riflessioni sul suo trasporto e stoccaggio. Rispetto ad altri vettori energetici — come il gas naturale — l’idrogeno verde richiede tecnologie più avanzate per la compressione ed eventuale liquefazione o conversione in altri vettori chimici per facilitarne la distribuzione. L’idrogeno verde, infatti, si presenta inizialmente in forma gassosa, tipicamente a una pressione di circa 30 bar. Essendo un gas estremamente leggero e a bassa densità, ma anche altamente infiammabile, richiede particolare attenzione nella fase di stoccaggio e gestione. Attualmente, le modalità più comuni per lo stoccaggio dell’idrogeno gassoso includono serbatoi cilindrici a bassa pressione (circa 30 bar) o bombole ad alta pressione, con valori compresi tra 500 e 900 bar, utilizzate soprattutto nell’ambito della mobilità e del trasporto. Questi sistemi, basati sullo stoccaggio gassoso, sono più comuni e vantaggiosi rispetto allo stoccaggio criogenico dell’idrogeno liquido, poiché non richiedono il raffreddamento necessario per la liquefazione, che risulta più costoso ed energivoro.
L’idrogeno, infatti, può essere liquefatto solo a temperature estremamente basse, prossime ai –253 °C e mantenuto in appositi serbatoi criogenici. Il processo di liquefazione, però, è molto energivoro: sono necessari circa 15 kWh per ogni chilogrammo di idrogeno liquefatto (15 kWh/kgH₂). Questo comporta costi elevati sia in termini di consumo energetico, sia per la realizzazione di infrastrutture criogeniche altamente specializzate. Si stima che lo stoccaggio in forma gassosa sia da 10 a 25 volte meno costoso rispetto a quello in forma liquida, quando si considera il costo per chilogrammo di capacità stoccata (€/kgH₂) — questo rapporto varia comunque in funzione della scala, delle tecnologie impiegate e delle condizioni operative. Nonostante ciò, lo stoccaggio in forma liquida consente un’elevata densità energetica, riducendo di molto lo spazio occupato. Per questo, la liquefazione è generalmente giustificata solo in caso di trasporto su lunghissime distanze, oppure quando i vincoli di spazio rendono necessario comprimere al massimo il volume dell’idrogeno stoccato.

La forma del serbatoio gioca un ruolo cruciale in termini di efficienza e sicurezza nello stoccaggio dell’idrogeno. I serbatoi sferici, ad esempio, distribuiscono la pressione interna in modo uniforme, trovando applicazione soprattutto per lo stoccaggio dell'idrogeno criogenico in forma liquida attraverso le cosiddette "Sfere di Horton". Tuttavia trovano maggiore applicazione i serbatori cilindrici per la loro praticità e convenienza.
Potenza fotovoltaica necessaria per far funzionare un elettrolizzatore

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I vincoli normativi
Integrare la produzione di idrogeno con le energie rinnovabili comporta diverse sfide, legate sia alla quantità di energia necessaria per far funzionare gli elettrolizzatori, sia alla continuità dell’alimentazione. Per quanto riguarda la quantità, l’idrogeno verde può essere prodotto solo se è disponibile una sufficiente quantità di energia rinnovabile. Ad esempio, per far funzionare in modo efficiente un elettrolizzatore da 1 megawatt, serve un impianto fotovoltaico di circa 3 megawatt. Inoltre, poiché le fonti rinnovabili come il sole e il vento non garantiscono una produzione continua e prevedibile, è spesso necessario affiancare un’integrazione dalla rete elettrica, attraverso contratti di acquisto (PPA) che garantiscano l’origine green dell’energia fornita. In questo contesto, per sostenere una crescita equilibrata del settore, sarà importante rivedere alcuni aspetti dell’Atto Delegato RED II, ovvero il principale riferimento normativo dell’Unione Europea in materia (integrato dalla successiva direttiva RED III, che prevede l'obiettivo di aumentare la quota di energie rinnovabili nel mix energetico dell'UE, portandola dal 32% al 42,5% entro il 2030 e spingendola poi verso il 45%). L’Atto RED II stabilisce i criteri affinché l’idrogeno e i suoi derivati possano essere classificati come RFNBO, cioè “Renewable Fuels of Non–Biological Origin”. Anche se ci sono alcune eccezioni che semplificano l’applicazione delle regole, i requisiti fondamentali previsti sono tre.
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Addizionalità
Le fonti rinnovabili utilizzate per produrre idrogeno devono essere "nuove", cioè aggiuntive rispetto alla capacità già esistente. Questo per evitare che la produzione di idrogeno sottragga energia ad altri usi importanti per la transizione energetica, come l’elettrificazione dei consumi domestici o industriali. La condizione si considera rispettata in due circostanze:
L’impianto rinnovabile è entrato in funzione meno di 36 mesi prima dell’elettrolizzatore
L’impianto non beneficia di incentivi pubblici, né per l’investimento né per il funzionamento
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Correlazione geografica
L’impianto rinnovabile e l’elettrolizzatore devono trovarsi nella stessa area di mercato elettrico (chiamata “bidding zone”) per evitare problemi di congestione sulla rete elettrica. Sono ammessi anche i seguenti casi:
Impianto e elettrolizzatore nella stessa bidding zone
In due zone interconnesse via terra, a patto che l’energia abbia un prezzo uguale o inferiore
In zone interconnesse via mare (offshore)
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Contemporaneità
L’idrogeno deve essere prodotto utilizzando energia rinnovabile generata nello stesso momento, per garantire che venga effettivamente utilizzata solo l’energia "verde" contrattualizzata. I criteri sono:
Fino al 31 dicembre 2029: produzione nello stesso mese solare
Dal 1° gennaio 2030: produzione nello stesso intervallo di un’ora
60–80%
L’impatto del costo della fornitura energetica per gli elettrolizzatori che, in relazione alle ore di funzionamento, influiscono sul costo finale dell'idrogeno. La parte rimanente (20—40%) è costituita invece dal costo dell'impianto1
Le sfide da affrontare: i costi elevati
La prima sfida riguarda il costo, noto come LCOH (Levelized Cost of Hydrogen), che risulta più elevato rispetto ad altre fonti energetiche, come il gas naturale, principalmente a causa dell'alto impatto del costo dell'energia elettrica sul prezzo finale dell’idrogeno. Analizzando le principali componenti che influenzano il LCOH, emerge chiaramente che l’OPEX, ossia il costo di produzione dell’idrogeno verde, è sicuramente l’elemento più impattante. Seppur in minor percentuale, anche il CAPEX, cioè l’investimento iniziale richiesto (principalmente per l’elettrolizzatore), si conferma come una delle componenti rilevanti. A tal proposito, la stessa Strategia Nazionale Idrogeno sottolinea che «uno sviluppo del mercato e delle tecnologie porterà benefici in termini di economie di scala e ottimizzazione dei sistemi che condurranno a una riduzione del costo finale di produzione dell’idrogeno».
Questa previsione è confermata anche dal rapporto "Global Hydrogen Review 2023" dell’International Energy Agency (IEA), che prospetta una significativa riduzione dei costi di investimento degli elettrolizzatori (CAPEX), stimando un calo fino al 60—70% entro il 2030, rispetto ai valori registrati nel 2023. Sulla base di queste stime, la Strategia Nazionale Idrogeno evidenzia che, con il potenziamento delle infrastrutture di rete elettrica e la parallela riduzione dei CAPEX per gli elettrolizzatori, il LCOH potrebbe scendere al di sotto dei 6 €/kg già nei prossimi anni rispetto agli attuali 12—16 €/kg . Questo valore è calcolato senza considerare eventuali ulteriori miglioramenti tecnologici che potrebbero incrementare l’efficienza complessiva dei sistemi di elettrolisi. La scalabilità del settore richiede però incentivi economici e interventi regolatori — come sussidi, schemi di carbon pricing e investimenti in R&D — per migliorare le tecnologie di produzione e abbassare i costi. Secondo gli esperti, solo attraverso un impegno coordinato tra governi, industria e ricerca sarà possibile accelerare l’adozione dell’idrogeno verde e renderlo un pilastro centrale della transizione energetica.

12 – 16 €/kg
L'attuale costo di generazione dell'idrogeno (Levelized Cost of Hydrogen, LCOH) nei settori hard–to–abate in Italia, secondo quanto riporta la Strategia Nazionale IdrogenoIn una configurazione–tipo basata su un elettrolizzatore da 1 MW di potenza elettrica installata — sia in caso di prelievo di energia elettrica dalla rete (con un prezzo dell’elettricità stimato a circa 90 €/MWh), sia mediante un impianto fotovoltaico dedicato
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Le sfide da affrontare: la domanda incerta
La seconda grande sfida riguarda la domanda di idrogeno, che oggi appare ancora incerta e frammentata, rallentando lo sviluppo di un mercato consolidato. Gli operatori, di fronte a un quadro a oggi poco chiaro, sono tentati dal rinviare gli investimenti lungo tutta la filiera, non essendo in grado di valutarne con certezza la redditività sul lungo termine. In particolare, il nodo centrale è rappresentato dall’attuale limitata competitività economica dell’idrogeno verde rispetto ai combustibili fossili e all'idrogeno grigio: nell’industria, infatti, l’idrogeno grigio è ancora molto più conveniente e nella mobilità i concorrenti diretti sono i combustibili fossili, che restano opzioni a basso costo, almeno nel breve periodo. Senza un mercato strutturato, trasparente e affidabile, diventa difficile pianificare, negoziare contratti a lungo termine e costruire modelli di business sostenibili.
Un altro fattore critico riguarda la necessità di investimenti significativi per favorire l’utilizzo dell’idrogeno nei diversi settori. Nel comparto industriale, è spesso necessario aggiornare gli impianti produttivi esistenti, ad esempio adeguando i forni o i bruciatori, utilizzando blend tra idrogeno e gas naturale. Nel settore dei trasporti, invece, i costi per l’acquisto di nuovi mezzi alimentati a idrogeno sono ancora molto elevati — fino a quattro o cinque volte superiori rispetto ai veicoli tradizionali — e rappresentano una barriera all’adozione su larga scala. Queste criticità alimentano il cosiddetto “dilemma dell’uovo e della gallina”: l’offerta di idrogeno resta in attesa che si sviluppi una domanda concreta, mentre la domanda fatica a emergere senza infrastrutture e senza certezze sui costi. Il risultato è un rinvio sistematico delle decisioni di investimento, con il rischio di rallentare sensibilmente la transizione energetica. L’auspicio è che le barriere sulla domanda vengano presto affrontate in modo adeguato dalle politiche europee e nazionali, attraverso un intervento più deciso e mirato per stimolare il mercato e rendere l’idrogeno verde una leva concreta di decarbonizzazione.
Le strategie dei Paesi Europei
Con i progetti annunciati, il numero di impianti europei è destinato a crescere rapidamente, e molti saranno operativi già entro il 2030, accelerando così la diffusione dell’idrogeno verde su larga scala
Le strategie di sviluppo dei singoli Paesi sono differenti, sia in termini di produzione che di consumo. A livello complessivo, si stima che l’Europa entro il 2030 possa raggiungere una capacità produttiva di idrogeno verde di circa 10 Mton annue, per una capacità installata di 40 GW.
Germania
È il Paese europeo con il piano di consumo di idrogeno verde più ambizioso: nel corso del 2023 gli obiettivi strategici sono stati rivisti al rialzo, e si stima che in futuro gran parte del suo fabbisogno energetico sarà coperto da idrogeno sostenibile importato dall’estero. Analizzando i dati emessi dall'European Hydrogen Observatory, nel 2023 la capacità di produzione di idrogeno, non solo verde, in Germania è stata di circa 2 Mton, con un fattore di utilizzo medio di circa il 70%. Rispetto alla capacità complessiva, la quantità di idrogeno verde prodotta tramite elettrolisi ammontava a circa 14 kton — circa il 30% rispetto a quella complessiva stimata in Unione Europea, ossia circa 50 kton.
Francia
Grazie all’ampia disponibilità di energia nucleare, il Paese punta a produrre localmente più dell’80% del suo fabbisogno di idrogeno verde, prevedendo una quota di import dall’estero minima. Un ruolo chiave sarà svolto dai progetti industriali su vasta scala, come la costruzione di elettrolizzatori di nuova generazione alimentati da energia nucleare e rinnovabile.
Spagna
Il Paese ha l’obiettivo di diventare uno dei principali player europei nella produzione di idrogeno verde, sfruttando il proprio potenziale nel campo dell’energia eolica e fotovoltaica. Inoltre, la Spagna punta a produrre un quantitativo di idrogeno superiore al fabbisogno interno, in modo da esportare il vettore energetico. Come riporta l’European Hydrogen Observatory, la Spagna è stato nel 2023 il secondo Paese europeo dopo la Germania per produzione di idrogeno verde tramite elettrolisi, con un ammontare di circa 7 kton (15% dell'intera capacità produttiva europea). La capacità produttiva complessiva di idrogeno in Spagna è stata invece di quasi 800 kton.
Italia
A oggi in Italia non esiste un vero e proprio mercato dell’idrogeno verde, in quanto quasi la totalità dell’idrogeno prodotto nel Paese è grigio. Ma la Strategia Nazionale Idrogeno riconosce comunque al green gas un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, inserendolo nel mix di soluzioni delineate attraverso l’individuazione di tre scenari sviluppati su un orizzonte temporale di lungo periodo.
