SHARE




CAPITOLO

2

/

TEMPO DI LETTURA

20

VUOI LEGGERE IL CONTENUTO PIÙ TARDI?

RICEVILO VIA MAIL

L'Italia, grazie alla sua posizione geografica, ha l'opportunità di diventare un hub strategico per l’idrogeno verde

L’idrogeno verde pone sfide che riguardano principalmente l’offerta,
la domanda, ambiti in cui pesano
i costi, e la distribuzione

L’obiettivo è non solo incrementare la produzione di idrogeno verde, ma anche consentire una concreta diffusione del suo utilizzo sia in ambito industriale sia nei trasporti, supportando lo sviluppo di una filiera tecnologica sostenibile che contribuisca al rafforzamento dell’economia e della competitività delle imprese coinvolte nel processo di decarbonizzazione

Le tonnellate/anno di idrogeno verde che l’Unione Europea si è prefissata di produrre internamente entro il 2030

La produzione di idrogeno verde (a fronte di una capacità installata pari a 3 GW) prevista per l'Italia entro il 2030 dagli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima

Per l’Italia l’idrogeno verde è un vettore chiave da inserire nel mix tecnologico che consente di favorire la decarbonizzazione

L'Italia nel 2024 ha pubblicato la Strategia Nazionale Idrogeno, che riconosce e delinea il ruolo fondamentale dell’idrogeno nel contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione del Paese, in coerenza con gli impegni assunti nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) al 2030 e nel Net Zero al 2050. Il documento però lascia aperti dubbi su questioni cruciali quali la convenienza di questo vettore energetico, i cui costi, seppure previsti al ribasso, rimangono alti, e sul suo concreto utilizzo in mancanza di un sostegno della domanda. La Strategia afferma espressamente che l’idrogeno verde è un elemento chiave nel mix di soluzioni per la decarbonizzazione, che include anche la progressiva elettrificazione dei consumi energetici abbinata all’aumento della produzione da fonti rinnovabili, lo sviluppo della CCS (Carbon Capture and Storage), i biofuel, il biometano e la possibile fonte nucleare. In particolare, la Strategia a lungo termine (2040–2050) mira a una penetrazione significativa dell'idrogeno nei consumi finali, con una potenziale copertura di circa il 18% dei consumi nell’industria Hard to Abate e del 30% nel settore dei trasporti. Il piano dell’Italia punta in primis sul pieno sviluppo dell'idrogeno ottenuto da fonti rinnovabili, senza però escludere il contributo potenziale dell'idrogeno blu e di quello rosa, per coprire parte della domanda interna. Il successo di questa Strategia dipenderà da fattori come la maturità tecnologica, i costi e la disponibilità delle fonti primarie.

Ma le sfide che si pongono per rendere concreta la sua diffusione e il suo utilizzo sia in ambito industriale che nei trasporti richiedono maggiore impegno a livello di strategia politica

«Per avviare un mercato dell’idrogeno è necessario supportare la diffusione del nuovo vettore energetico con infrastrutture di produzione e trasporto adeguate, e al contempo sostenere e sviluppare il mercato che premia i prodotti green. La domanda di prodotti green diventa un traino per le aziende a investire e alimenta il circolo virtuoso della decarbonizzazione»

Cristina Maggi / Direttrice di H2IT, Associazione Italiana Idrogeno

info_strategia_desk.jpg

8,35 Mtep

la potenziale produzione nazionale di idrogeno al 2050 nello scenario ottimistico per la Strategia Nazionale Idrogeno
1

L’offerta di idrogeno verde

Per quanto riguarda l'offerta, cioè la produzione di idrogeno, essendo questo green gas connesso in modo imprescindibile allo sviluppo di impianti da fonte rinnovabile, e considerando la producibilità fotovoltaica ed eolica nelle diverse aree del Paese, è possibile ipotizzare una maggiore convenienza nel localizzare impianti di produzione di H₂ da fonte rinnovabile dove questi ultimi performano meglio — ad esempio, al Sud Italia per il fotovoltaico — e successivamente il trasporto dell'energia verso i siti di maggior consumo dell'idrogeno. Parallelamente all'idrogeno rinnovabile da fonti solari o eoliche, la Strategia considera anche il potenziale dell'idrogeno prodotto da fonte nucleare. Sebbene al momento la produzione di questa tipologia di idrogeno non sia abilitata in Italia, a causa dello stato di sviluppo del programma nucleare sostenibile, la Strategia sottolinea il ruolo chiave che nella produzione di idrogeno possono svolgere tecnologie nucleari di ultima generazione — come i piccoli reattori modulari (SMR), da collocare magari nel Nord Italia dove la disponibilità di energia da fonti rinnovabili è inferiore.

 

Dato che il costo di produzione dell’idrogeno verde è strettamente legato al costo di generazione dell'energia elettrica, la produzione di idrogeno da fonte nucleare potrebbe risultare economicamente più conveniente rispetto a quello prodotto da fonti rinnovabili come solare o eolico. Come abbiamo visto nel primo capitolo, infatti, l’idrogeno verde pone sfide legate ai costi, in particolare agli OPEX, cioè relativi alla produzione di questo green gas, che incidono per il 60-80% sul costo complessivo rappresentato dal LCOH. Per abilitare la diffusione dell’idrogeno verde risultano, perciò, decisivi sostegni nazionali ed europei che permettano di rendere competitivo il suo utilizzo.

icona nucleare

Nucleare

2.1

Le potenzialità dell’idrogeno ottenuto dal nucleare

Cosa sono i cosiddetti Small Modular Reactor e come sostengono la produzione
di uno dei vettori chiave della decarbonizzazione

serbatoio.png

La forma del serbatoio gioca un ruolo cruciale in termini di efficienza e sicurezza nello stoccaggio dell’idrogeno. I serbatoi sferici, ad esempio, distribuiscono la pressione interna in modo uniforme, trovando applicazione soprattutto per lo stoccaggio dell'idrogeno criogenico in forma liquida attraverso le cosiddette "Sfere di Horton". Tuttavia trovano maggiore applicazione i serbatori cilindrici per la loro praticità e convenienza.

Potenza fotovoltaica necessaria per far funzionare un elettrolizzatore

idrogeno verde
3

I vincoli normativi

Integrare la produzione di idrogeno con le energie rinnovabili comporta diverse sfide, legate sia alla quantità di energia necessaria per far funzionare gli elettrolizzatori, sia alla continuità dell’alimentazione. Per quanto riguarda la quantità, l’idrogeno verde può essere prodotto solo se è disponibile una sufficiente quantità di energia rinnovabile. Ad esempio, per far funzionare in modo efficiente un elettrolizzatore da 1 megawatt, serve un impianto fotovoltaico di circa 3 megawatt. Inoltre, poiché le fonti rinnovabili come il sole e il vento non garantiscono una produzione continua e prevedibile, è spesso necessario affiancare un’integrazione dalla rete elettrica, attraverso contratti di acquisto (PPA) che garantiscano l’origine green dell’energia fornita. In questo contesto, per sostenere una crescita equilibrata del settore, sarà importante rivedere alcuni aspetti dell’Atto Delegato RED II, ovvero il principale riferimento normativo dell’Unione Europea in materia (integrato dalla successiva direttiva RED III, che prevede l'obiettivo di aumentare la quota di energie rinnovabili nel mix energetico dell'UE, portandola dal 32% al 42,5% entro il 2030 e spingendola poi verso il 45%). L’Atto RED II stabilisce i criteri affinché l’idrogeno e i suoi derivati possano essere classificati come RFNBO, cioè “Renewable Fuels of Non–Biological Origin”. Anche se ci sono alcune eccezioni che semplificano l’applicazione delle regole, i requisiti fondamentali previsti sono tre.

1

Addizionalità

Le fonti rinnovabili utilizzate per produrre idrogeno devono essere "nuove", cioè aggiuntive rispetto alla capacità già esistente. Questo per evitare che la produzione di idrogeno sottragga energia ad altri usi importanti per la transizione energetica, come l’elettrificazione dei consumi domestici o industriali. La condizione si considera rispettata in due circostanze:

L’impianto rinnovabile è entrato in funzione meno di 36 mesi prima dell’elettrolizzatore

L’impianto non beneficia di incentivi pubblici, né per l’investimento né per il funzionamento

2

Correlazione geografica

L’impianto rinnovabile e l’elettrolizzatore devono trovarsi nella stessa area di mercato elettrico (chiamata “bidding zone”) per evitare problemi di congestione sulla rete elettrica. Sono ammessi anche i seguenti casi:

Impianto e elettrolizzatore nella stessa bidding zone

In due zone interconnesse via terra, a patto che l’energia abbia un prezzo uguale o inferiore

In zone interconnesse via mare (offshore)

3

Contemporaneità

L’idrogeno deve essere prodotto utilizzando energia rinnovabile generata nello stesso momento, per garantire che venga effettivamente utilizzata solo l’energia "verde" contrattualizzata. I criteri sono:

Fino al 31 dicembre 2029: produzione nello stesso mese solare

Dal 1° gennaio 2030: produzione nello stesso intervallo di un’ora

Questi vincoli risultano piuttosto stringenti e potrebbero rappresentare un ostacolo alla crescita del settore, rallentando la capacità dell’Europa di rispondere alla crescente domanda di energia pulita.

60–80%

L’impatto del costo della fornitura energetica per gli elettrolizzatori che, in relazione alle ore di funzionamento, influiscono sul costo finale dell'idrogeno. La parte rimanente (20—40%) è costituita invece dal costo dell'impianto
1

Le sfide da affrontare: i costi elevati

La prima sfida riguarda il costo, noto come LCOH (Levelized Cost of Hydrogen), che risulta più elevato rispetto ad altre fonti energetiche, come il gas naturale, principalmente a causa dell'alto impatto del costo dell'energia elettrica sul prezzo finale dell’idrogeno. Analizzando le principali componenti che influenzano il LCOH, emerge chiaramente che l’OPEX, ossia il costo di produzione dell’idrogeno verde, è sicuramente l’elemento più impattante. Seppur in minor percentuale, anche il CAPEX, cioè l’investimento iniziale richiesto (principalmente per l’elettrolizzatore), si conferma come una delle componenti rilevanti. A tal proposito, la stessa Strategia Nazionale Idrogeno sottolinea che «uno sviluppo del mercato e delle tecnologie porterà benefici in termini di economie di scala e ottimizzazione dei sistemi che condurranno a una riduzione del costo finale di produzione dell’idrogeno».

Questa previsione è confermata anche dal rapporto "Global Hydrogen Review 2023" dell’International Energy Agency (IEA), che prospetta una significativa riduzione dei costi di investimento degli elettrolizzatori (CAPEX), stimando un calo fino al 60—70% entro il 2030, rispetto ai valori registrati nel 2023. Sulla base di queste stime, la Strategia Nazionale Idrogeno evidenzia che, con il potenziamento delle infrastrutture di rete elettrica e la parallela riduzione dei CAPEX per gli elettrolizzatori, il LCOH potrebbe scendere al di sotto dei 6 €/kg già nei prossimi anni rispetto agli attuali 12—16 €/kg . Questo valore è calcolato senza considerare eventuali ulteriori miglioramenti tecnologici che potrebbero incrementare l’efficienza complessiva dei sistemi di elettrolisi. La scalabilità del settore richiede però incentivi economici e interventi regolatori — come sussidi, schemi di carbon pricing e investimenti in R&D — per migliorare le tecnologie di produzione e abbassare i costi. Secondo gli esperti, solo attraverso un impegno coordinato tra governi, industria e ricerca sarà possibile accelerare l’adozione dell’idrogeno verde e renderlo un pilastro centrale della transizione energetica.

costi_idrogeno.png

12 – 16 €/kg

L'attuale costo di generazione dell'idrogeno (Levelized Cost of Hydrogen, LCOH) nei settori hard–to–abate in Italia, secondo quanto riporta la Strategia Nazionale Idrogeno

In una configurazione–tipo basata su un elettrolizzatore da 1 MW di potenza elettrica installata — sia in caso di prelievo di energia elettrica dalla rete (con un prezzo dell’elettricità stimato a circa 90 €/MWh), sia mediante un impianto fotovoltaico dedicato

2

Le sfide da affrontare: la domanda incerta

La seconda grande sfida riguarda la domanda di idrogeno, che oggi appare ancora incerta e frammentata, rallentando lo sviluppo di un mercato consolidato. Gli operatori, di fronte a un quadro a oggi poco chiaro, sono tentati dal rinviare gli investimenti lungo tutta la filiera, non essendo in grado di valutarne con certezza la redditività sul lungo termine. In particolare, il nodo centrale è rappresentato dall’attuale limitata competitività economica dell’idrogeno verde rispetto ai combustibili fossili e all'idrogeno grigio: nell’industria, infatti, l’idrogeno grigio è ancora molto più conveniente e nella mobilità i concorrenti diretti sono i combustibili fossili, che restano opzioni a basso costo, almeno nel breve periodo. Senza un mercato strutturato, trasparente e affidabile, diventa difficile pianificare, negoziare contratti a lungo termine e costruire modelli di business sostenibili.

Un altro fattore critico riguarda la necessità di investimenti significativi per favorire l’utilizzo dell’idrogeno nei diversi settori. Nel comparto industriale, è spesso necessario aggiornare gli impianti produttivi esistenti, ad esempio adeguando i forni o i bruciatori, utilizzando blend tra idrogeno e gas naturale. Nel settore dei trasporti, invece, i costi per l’acquisto di nuovi mezzi alimentati a idrogeno sono ancora molto elevati — fino a quattro o cinque volte superiori rispetto ai veicoli tradizionali — e rappresentano una barriera all’adozione su larga scala. Queste criticità alimentano il cosiddetto “dilemma dell’uovo e della gallina”: l’offerta di idrogeno resta in attesa che si sviluppi una domanda concreta, mentre la domanda fatica a emergere senza infrastrutture e senza certezze sui costi. Il risultato è un rinvio sistematico delle decisioni di investimento, con il rischio di rallentare sensibilmente la transizione energetica. L’auspicio è che le barriere sulla domanda vengano presto affrontate in modo adeguato dalle politiche europee e nazionali, attraverso un intervento più deciso e mirato per stimolare il mercato e rendere l’idrogeno verde una leva concreta di decarbonizzazione.

L’IDROGENO VERDE IN EUROPA

Le strategie
dei Paesi Europei

Con i progetti annunciati, il numero di impianti europei è destinato a crescere rapidamente, e molti saranno operativi già entro il 2030, accelerando così la diffusione dell’idrogeno verde su larga scala

Le strategie di sviluppo dei singoli Paesi sono differenti, sia in termini di produzione che di consumo. A livello complessivo, si stima che l’Europa entro il 2030 possa raggiungere una capacità produttiva di idrogeno verde di circa 10 Mton annue, per una capacità installata di 40 GW.

Germania

È il Paese europeo con il piano di consumo di idrogeno verde più ambizioso: nel corso del 2023 gli obiettivi strategici sono stati rivisti al rialzo, e si stima che in futuro gran parte del suo fabbisogno energetico sarà coperto da idrogeno sostenibile importato dall’estero. Analizzando i dati emessi dall'European Hydrogen Observatory, nel 2023 la capacità di produzione di idrogeno, non solo verde, in Germania è stata di circa 2 Mton, con un fattore di utilizzo medio di circa il 70%. Rispetto alla capacità complessiva, la quantità di idrogeno verde prodotta tramite elettrolisi ammontava a circa 14 kton — circa il 30% rispetto a quella complessiva stimata in Unione Europea, ossia circa 50 kton.

Francia

Grazie all’ampia disponibilità di energia nucleare, il Paese punta a produrre localmente più dell’80% del suo fabbisogno di idrogeno verde, prevedendo una quota di import dall’estero minima. Un ruolo chiave sarà svolto dai progetti industriali su vasta scala, come la costruzione di elettrolizzatori di nuova generazione alimentati da energia nucleare e rinnovabile.

Spagna

Il Paese ha l’obiettivo di diventare uno dei principali player europei nella produzione di idrogeno verde, sfruttando il proprio potenziale nel campo dell’energia eolica e fotovoltaica. Inoltre, la Spagna punta a produrre un quantitativo di idrogeno superiore al fabbisogno interno, in modo da esportare il vettore energetico. Come riporta l’European Hydrogen Observatory, la Spagna è stato nel 2023 il secondo Paese europeo dopo la Germania  per produzione di idrogeno verde tramite elettrolisi, con un ammontare di circa 7 kton (15% dell'intera capacità produttiva europea). La capacità produttiva complessiva di idrogeno in Spagna è stata invece di quasi 800 kton.

Italia

A oggi in Italia non esiste un vero e proprio mercato dell’idrogeno verde, in quanto quasi la totalità dell’idrogeno prodotto nel Paese è grigio. Ma la Strategia Nazionale Idrogeno riconosce comunque al green gas un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, inserendolo nel mix di soluzioni delineate attraverso l’individuazione di tre scenari sviluppati su un orizzonte temporale di lungo periodo.

In Europa la potenziale domanda di idrogeno verde al 2030 viene soddisfatta in modo differente in base alle principali strategie dei vari Paesi: la Germania è la più ambiziosa in termini di consumo e gran parte del fabbisogno sarà coperto da idrogeno verde importato dall’estero. La Francia invece, grazie alla disponibilità di energia nucleare, punta sulla produzione interna. La Spagna vuole essere il leader nella produzione, con l’obiettivo di avere almeno 11 GW di capacità di elettrolisi entro fine decennio, ed è l’unico a prevedere una quota di export. L’Italia sta cominciando ora ad avviare una filiera dell'idrogeno, considerando quello verde come una leva strategica di decarbonizzazione.
strategie_idrogeno.png
rifornimento

Rifornimento

2.2

Il potenziale delle
stazioni mobili compatte

Una variante delle tradizionali stazioni di rifornimento a idrogeno

iris

Industria

2.3

Iris Ceramica Group

La collaborazione con Edison Next sta portando allo sviluppo della prima fabbrica
ceramica alimentata al 100% a idrogeno verde

malpensa

Aeroporti

2.4

Malpensa H2

La collaborazione tra Edison Next e SEA, Aeroporti Milano, per la decarbonizzazione della mobilità e della logistica aeroportuale dello scalo di Milano Malpensa attraverso l’uso di idrogeno verde